Dare un volto alla depressione e suggerirne un percorso di fuga: è questa la sfida con cui si misura Luca Artioli in questo volume. Ma come è possibile ritrarre il buio, il nero, la negazione della vita?
C. Mencacci, P. Campajola. Prefazione del Libro di L. Artioli “Beyond the dark”. Ed. Mondadori, 2009.
Dare un volto alla depressione e suggerirne un percorso di fuga: è questa la sfida con cui si misura Luca Artioli in questo volume. Ma come è possibile ritrarre il buio, il nero, la negazione della vita? Come riuscire in questo mantenendo comunque un certo distacco dalla propria esperienza di dolore? L’autore agisce per sottrazione: adotta un linguaggio scarno e insieme tragico, “mette in scena” un lenzuolo bianco e, sopra, buttato sopra, un corpo straziato, aggrovigliato; si distingue un volto, o meglio un urlo, che si nasconde tra le pieghe (o le piaghe) del tessuto, le mani che si aggrappano al nulla, la drammatica nudità di chi ha perso anche se stesso. Onde, ripiegamenti, tagli, e poi una nebbiosa Venezia turneriana e paesaggi lunari, vetrosi ad accompagnare il lungo percorso di malattia che sembra non lasciare spazio alla guarigione. Ma il messaggio di Luca Artioli è ancora una volta un messaggio di speranza e la luce sembra essere proprio dietro l’angolo: “Posso offrirvi l’esperienza di una rinascita?”, dice l’autore. La rinascita che all’inizio ha il sapore di una resa, passa attraverso “un nuovo parto” doloroso quanto quello vero: “Rinasco, partorito nuovamente, il primo vagito è un urlo, di un uomo che nasce già uomo. Muscoli, ossa, mani da adulto, gambe forti, barba. Rinasco, in un corpo ingombrante come il vissuto.” E alla fine, dopo tanta sofferenza, “l’appetito e la fame di vita” hanno il sopravvento. (Con l’Introduzione scientifica di Claudio Mencacci e Pasquale Campajola)