La nostra professione è da sempre esposta a rischi di impoverimento affettivo dovuti anche alla riduzione del tempo dedicato alla vita privata.
Il peggioramento del benessere personale e lavorativo dei medici rappresenta un allarme crescente e ora trova ulteriori conferme in due ricerche condotte dai ricercatori della Mayo Clinic di Rochester e del gruppo Medscape, che documentano una sindrome da burnout sempre più diffusa. Tra le cause del fenomeno, gli esperti indicano il mancato riconoscimento del ruolo positivo del medico, la sua perdita di autonomia con una professione che assume spesso un carattere burocratico e “impiegatizio” e la riduzione degli spazi di dialogo e confronto con i pazienti. Non ne è stupito Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze e salute mentale presso l’A.O. Fatebenefratelli-Oftalmico di Milano e presidente della Società italiana di psichiatria: «La nostra professione è da sempre esposta a rischi di impoverimento affettivo dovuti anche alla riduzione del tempo dedicato alla vita privata e quindi ci può essere una maggiore tendenza all’isolamento e all’autoreferenzialità». A livello personale ciascun medico, consapevole di questi pericoli, deve cercare di «mantenere il più possibile una condizione di vita sociale e di scambio con i colleghi, condividendo le criticità sperimentate nella propria vita professionale e soprattutto deve prestare una particolare attenzione a non perdere la propria capacità di sentire, di immaginare e di emozionarsi, un ottimo termometro del proprio benessere psichico».
Ovviamente, le strutture in cui il personale sanitario opera possono a loro volta influire positivamente sulle condizioni lavorative, «attraverso turni ben organizzati e ben distribuiti, con un clima organizzativo improntato ad apertura e partecipazione e favorendo il collegamento tra i medici più giovani e quelli esperti, in modo che vi sia uno scambio fruttuoso tra chi ha un sapere molto fresco e chi può attingere a molti anni di pratica professionale». Più in generale, Mencacci si augura che si trovi un rimedio a quella che chiama “sindrome clinico-giudiziaria”, una situazione in cui dilagano le denunce ai medici e che può rappresentare un peso psicologico particolarmente gravoso.
Da Doctor33