Soffre un terzo genitori ma metà tace, testati assistenza a domicilio e gruppi d'ascolto per neopapà.
Milano, 3 dic. (AdnKronos Salute) – Ogni anno oltre 90 mila donne italiane soffrono di ansia e disturbi depressivi durante la gravidanza o dopo il parto. Stime di un problema ancora oggi sottodiagnosticato e sottovalutato: secondo un’indagine lombarda un terzo dei genitori ha avuto esperienze di baby-blues direttamente o attraverso la partner, ma meno della metà ne ha parlato al medico. E proprio dalla Lombardia arriva un modello di presa in carico globale che prevede, oltre all’aiuto per la neomamma portato a domicilio, anche lezioni per gli operatori sanitari e gruppi d’ascolto dedicati ai neopapà. Che spesso, all’arrivo di un figlio, si sentono esclusi e faticano a supportare la compagna nelle sue difficoltà con il bebè.
Offrire a tutti un’assistenza adeguata e su misura è l’obiettivo di un progetto di ricerca indipendente biennale condotto dall’ospedale Fatebenefratelli di Milano, con la collaborazione dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) e la partecipazione dell’associazione Progetto Itaca. L’iniziativa ‘Depressione in gravidanza e post-partum: modello organizzativo in ambito clinico, assistenziale e riabilitativo’, finanziata dalla Regione Lombardia, si è appena conclusa e rappresenta per i promotori un esempio da imitare.
Tra i fiori all’occhiello del modello proposto c’è l’offerta di assistenza domiciliare specialistica alle neomamme e ai neonati: nell’ambiente protetto e accogliente della casa, un’équipe multidisciplinare composta da uno psichiatra, una psicologa, un pediatra e una volontaria di Progetto Itaca ha prestato alle donne in difficoltà le cure e le attenzioni necessarie per aiutarle a superare un momento così delicato della loro vita, senza farsi sopraffare dalla sensazione di solitudine, incomprensione e isolamento. “L’avvicinamento a domicilio – spiega Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Salute mentale e Neuroscienze del Fatebenefratelli e coordinatore scientifico del progetto – ha riguardato donne di diverse etnie, che anche a causa della lingua hanno grandi difficoltà a chiedere aiuto e ad accedere ai servizi”.
L’iniziativa è partita 2 anni fa con un’indagine conoscitiva su circa 500 donne e 500 uomini. Un genitore su 3 ha affermato di aver avuto, o che la propria partner aveva vissuto, un’esperienza di depressione post-partum, soprattutto in occasione del primo figlio. E tra coloro che l’hanno sperimentata, meno della metà ne ha parlato con il proprio medico. E’ emerso inoltre che solo il 50% dei papà che l’ha vissuta direttamente si è sentito partecipe e in grado di supportare la compagna. Per dare una risposta concreta a questo bisogno, sono stati quindi organizzati dei gruppi di sostegno per i padri. Gli incontri, moderati da una psichiatra e da una psicologa, si sono svolti in Macedonio Melloni, il presidio ospedaliero materno-infantile dell’Ao Fatebenefratelli-Oftalmico.
Sul fronte della formazione rivolta agli operatori sanitari, è stato organizzato un corso Ecm riservato a psichiatri, pediatri, ginecologi e psicologi, per aggiornare sull’utilizzo degli psicofarmaci durante la gravidanza e il puerperio, e addestrarli a un modello di trattamento cognitivo-comportamentale. Durante le lezioni sono state usate anche clip cinematografiche per modificare gli aspetti valutativi e metacognitivi delle pazienti. Infine sono state coinvolte le società scientifiche di riferimento, con l’intento di stilare delle indicazioni di buona pratica clinica per la prevenzione, diagnosi e cura della psicopatologia perinatale. Perché ancora oggi in Italia non esistono linee guida di riferimento per gli operatori.
“Nel nostro Paese circa il 16% delle donne soffre di depressione in gravidanza o nel post-partum: un disturbo che, se non diagnosticato in maniera tempestiva, può avere ripercussioni sulla salute della mamma e del bambino”, afferma Francesca Merzagora, presidente di Onda. Il progetto condotto “rappresenta un modello di eccellenza che auspichiamo venga replicato nel contesto lombardo ed ‘esportato’ nelle altre regioni italiane”.
“Dopo il lavoro svolto per redigere Indicazioni di buona pratica clinica per la presa in carico delle donne con depressione perinatale – aggiunge Merzagora – è stato istituito dalla Regione Lombardia un Gruppo di approfondimento tecnico (Gat) al quale partecipano istituzioni, società scientifiche, clinici e associazioni, con l’obiettivo di definire linee guide regionali che garantiscano livelli adeguati di omogeneità nei trattamenti erogati a livello locale, e che ci auguriamo possano successivamente diventare nazionali”.
“Partendo dalla considerazione che in Lombardia sono oltre 12 mila le donne che sperimentano ogni anno un episodio di depressione perinatale, che viene con fatica riconosciuta e ancor più dichiarata, e quindi non curata appropriatamente – sottolinea Mencacci, che è anche presidente della Società italiana di psichiatria – il progetto pilota lombardo ha rappresentato un’esperienza unica nel panorama nazionale. Mutuando esperienze avanzate in Canada e in Australia, si è concretizzato nella presa in carico non solo della diade mamma-bambino, ma anche dei papà e della rete sociale circostante”.
“Questo modello organizzativo clinico-assistenziale, che vede coinvolti entrambi i genitori – commenta Luca Bernardo, direttore del Dipartimento Materno-Infantile del Fatebenefratelli – può favorire una ottimale accoglienza del nascituro da un punto di vista psicofisico, tale da garantirgli le basi migliori nella primissima relazione madre-bambino. Tutto ciò porta a un percorso sempre più virtuoso di attenzione verso le problematiche genitoriali, che se non diagnosticate e valutate adeguatamente – avverte l’esperto – potrebbero creare disagi fisici e psichici del bambino durante il suo sviluppo”.
Da Focus