Il cambio di medicinali generici causa scarsa adesione alla prescrizione del medico.
I vantaggi riportati dalla sostituzione di un farmaco generico con un altro equivalente, prassi assai comune che interessa più della metà dei pazienti, sono evidenti per tutti: non presentando alcuna criticità nell’utilizzo, i farmaci bio-equivalenti sono efficaci quanto quelli originali e permettono di contenere la spesa farmaceutica, fermo restando il concetto di libertà di scelta del cittadino.
Eppure, il cambio comporta un rovescio della medaglia: maggiore è il numero delle sostituzioni di medicinali generici, minore è l’aderenza dei pazienti alla prescrizione del medico. Non solo. La partecipazione alla terapia e la sostituzione dei farmaci equivalenti sono inversamente proporzionali: all’aumentare dello switch da un generico a un altro della stessa molecola, infatti, l’adesione del paziente alla prescrizione terapeutica diminuisce, con un valore pari al 28% se la sostituzione interessa metà delle prescrizioni.
Questi, in estrema sintesi, i risultati di uno studio osservazionale condotto su un campione di oltre 14.500 pazienti (appartenenti a 6 aree terapeutiche – diabetologia, cardiologia, dislipidemia, reumatologia, psichiatria e ipertensione) allo scopo di studiare gli effetti del “rimpiazzo” del farmacista di un medicinale generico con un altro equivalente in termini di aderenza e persistenza al trattamento terapeutico in atto.
Presentati dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), in collaborazione con DOC Generici, i dati emersi dimostrano la progressiva riduzione dell’aderenza alla prescrizione farmacologica. Un trend che però preoccupa gli specialisti, poiché implica una minore efficacia e sicurezza dei trattamenti terapeutici e un conseguente aumento del rischio di complicanze delle condizioni di salute dei pazienti.
“È importante ridurre i fattori che possono influire sulla aderenza alle cure e interferire con il buon esito clinico raggiunto. Si consiglia, pertanto, di mantenere sempre lo stesso ‘brand di generico’ con il quale si è iniziata la cura”, sostiene il professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano.