Ultima frontiera dell’intrattenimento, la Vr (la realtà virtuale) è una rivoluzione che nei primi mesi del 2016 irromperà nelle nostre vite cambiando completamente il nostro mondo e quello dei nostri figli.
Non si può non amare Henry. Henry è un porcospino, dagli occhioni dolci, che, a causa dei suoi aculei, fatica a trovare amici con cui festeggiare il suo compleanno. Tenero e giocherellone, non si rende conto che il suo corpo può mettere in pericolo gli altri e quando lo scopre ne rimane profondamente addolorato. Henry, insomma, è tutti noi, quando fatichiamo ad interagire con il resto del mondo e ci buttiamo a capofitto nelle cose senza riflettere. Ci commuove e ci fa ridere. Ma soprattutto Henry esiste veramente. Chi scrive è stato seduto al suo stesso tavolo nella sua tana, l’ha guardato negli occhi, l’ha quasi potuto toccare, ha sorriso e pianto (un poco) insieme a lui.
Questo simpatico animaletto è il protagonista dell’omonimo cartoon realizzato da Oculus con la realtà virtuale. Ultima frontiera dell’intrattenimento, la Vr (la realtà virtuale) è una rivoluzione che nei primi mesi del 2016 irromperà nelle nostre vite cambiando completamente il nostro mondo e quello dei nostri figli. Videogiochi, film, informazione, interazione. Nella gamma di prodotti progettati dal team di Palmer Luckey non potevano mancare i film di animazione che, c’è da star certi, frutteranno a Zuckerberg, proprietario di Oculus dal marzo del 2014, altri miliardi.
Siamo agli inizi, certo. Henry — che abbiamo conosciuto in anteprima all’ultimo Web summit di Dublino — è solo il secondogenito di questa grande famiglia. Ma è chiaro come il porcospino abbia già del gran potenziale. «Siamo riusciti a creare una grande empatia tra questo personaggio e chi lo osserva», spiega Ramiro Lopez Dau ex Pixar passato a Oculus e regista di Henry. E, oltre il sentimento, c’è di più: «Per la prima volta tu puoi essere un personaggio di un film o di un cartone», sottolinea Saschka Unseld, direttore creativo di Oculus.
Ed è proprio qua il nodo. Per conoscere Henry bisogna indossare gli Oculus Rift, i visori. O, meglio, degli occhialoni che ci permetteranno sì di entrare nella realtà virtuale e di interagire con essa. Ma che ci estranieranno completamente da ciò che ci circonda. Guardare un cartone sulla Vr susciterà emozioni molto più forti di un cartone classico. Facile dunque immaginare quanto tutto ciò possa comportare se il piccolo spettatore non viene affiancato da un adulto. «Sappiamo dai primi esperimenti scientifici che questo strumenti inducono cambiamenti positivi nel nostro cervello. Un discorso che vale anche per i bambini. Ma bisogna fare attenzione ai tempi di esposizione», avverte lo psichiatra Claudio Mencacci. Come per televisione e tablet dunque non bisogna eccedere.
E, ancora, «oltre al contenuto delle immagini che non devono assolutamente essere violente, è necessario evitare che la visione azzeri l’interazione sociale». Mai dunque lasciarli soli con la realtà virtuale. Il rischio? «Che siano sovra stimolati».
Da Facebook sono già corsi ai ripari. «In generale chi userà Oculus dovrà avere più di 13 anni», fanno sapere da Menlo Park. Ma è pur vero che per un bambino sarà facile accedere al device del fratello più grande. Inoltre non è da escludere che in futuro questo stesso strumento entri nelle scuole, cambiando completamente il modo di apprendere. «Credo che per la realtà virtuale ci sia un futuro nel settore dell’educazione. Le aule sono il passato e i bambini non impareranno per forza meglio leggendo un libro», ha dichiarato Luckey al Web Summit di Dublino, suscitando qualche perplessità in chi non riesce a immaginare di crescere un figlio senza leggergli una fiaba. Attenzione però agli allarmismi. La Vr non è il nemico. Conclude Mencacci: «È come entrare nel tunnel delle streghe al luna park. Se un bambino è solo si spaventa, se è in compagnia di un genitore, si diverte».