Gli jihadisti malati mentali non sono ‘attrattivi’ per il reclutamento.
I terroristi non sono tutti pazzi: gli jihadisti malati mentali non sarebbero infatti così attraenti per il reclutamento via web e social. La polemica e l’errata visione di media e 007.
Attentati, attacchi terroristici, stragi marchiate dall’odio dello jihadismo internazionale (Isis, Al Qaeda e simili): ormai siamo “abituati” a vedere praticamente ogni mese un attentato contro qualche città europea o mondiale, con una sfilza incredibili di azioni tentati e purtroppo spesso riuscite nell’uccidere vite innocenti. A tutti è capitato, prima o poi, di dare questo giudizio, magari alla leggera o presi dall’ansia emotiva del momento: «un gesto folle, solo dei matti potrebbero fare una cosa del genere..». Ecco, ma siamo sicuri che il gesto dei terroristi sia sempre “malato”? Che gli jihadisti siano quasi sempre malati mentali, o comunque segnalati con disturbi vari? Un’interessante analisi scritta per il Corriere della Sera da Claudio Mencacci prova a “smentire” questa versione largamente “in fiducia” in tanti organi dei media e anche tra le semplice gente. «In alcuni casi è stata confermata l’azione terroristica jihadista, in altri si è parlato del «gesto di uno squilibrato». In Francia qualche ministro ha evocato la mobilitazione degli psichiatri per svolgere un’azione preventiva: esisterebbe quindi un’interpretazione esclusivamente centrata sul paradigma patologizzante del terrorismo che si va facendo strada sui media in generale e negli interventi degli analisti», scrive il collega sul CorSera, sottolineando già così il problema alla radice. Una sorta di tentativo di “rinchiudere” il problema del terrorismo radicale e religioso dentro un alveo, una sfera “conosciuta” e più limitata come la pazzia o la follia della mente, piuttosto che ammettere un disegno ben specifico volto all’annientamento della libertà, della vita e della pace così in Europa quanto nel resto del mondo.
L’ATTENTATO È UN GESTO SOLO “FOLLE”?
«È in aumento la tendenza ad attribuire alla malattia mentale l’essenza della soggettività degli attentatori solitari, con l’insidioso affiorare di una nuova figura di “offender” le cui qualità sono incarnate dalla patologia psichiatrica e il ricorrere di un copione di un modus operandi stragista», prosegue la lunga analisi che accusa i media ma anche le organizzazioni di intelligence e sicurezza di “miopia” nel considerare spesso lo squilibrio come origine di azioni terroristiche. «Da oltre un anno l’intelligence e le forze dell’ordine del nostro e di altri Paesi starebbero concentrando gli sforzi su una specifica categoria di soggetti a rischio: tutti quei fondamentalisti che hanno mostrato squilibri nel comportamento, ritenuti pericolosi per la sicurezza», spiega Mencacci, ma purtroppo l’Isis è davvero molto di più di una “follia” seppur lucida. Pensare infatti che anni e anni di reclutamento di nuovi jihadisti in erba sul web e nei Paesi in Medioriente possa essere avvenuto solo tramite “testimoni” dell’odio islamista unicamente “folli” è in effetti una visione alquanto “miope”. Eppure è sempre più così che viene percepita anche dalla gente normale e atterrita dal fenomeno del terrorismo sempre più in crescendo: attacca ancora Mencacci, «nuovo binomio “malattia mentale – violenza terroristica”, una riproposizione stereotipata e falsa del vecchio, rassicurante adagio «non può che essere un folle gesto» condito di imprevedibilità e, soprattutto, incomprensibilità». Questo non significa ovviamente che allora non vi sono casi di squilibrati, malati o depressi che effettuano azioni terroristiche proprio perché “deviati” dalla propria condizione mentale: sono tutti terroristi, ma non per forza sono tutti squilibrati, spiega con dovizia di particolari ancora l’editorialista sul Corriere, «Si tratta di giovani, giovani adulti, di seconda-terza generazione di immigrazione, già dediti alla microcriminalità e a spaccio di stupefacenti, aggressivi e violenti, antisociali, incolti e prepotenti che con un’ ideologia della vendetta e del riscatto tentano di creare la maggiore paura – terrore, godendone il momento esaltante, eroico, mediatico, di immolazione a una causa, indipendentemente dall’appartenenza religiosa o malavitosa». Altro che “semplici” malati…