La paura del diverso, la sensazione di minaccia che si avverte da parte di qualcuno o qualcosa che non si conosce bene, l’allarme continuo in cui viviamo e il disgregarsi della coesione sociale sono tutte sia cause sia conseguenze di un disturbo in crescita nel nostro paese: la paranoia.
A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Psichiatria (SIP) che sottolinea come chi in passato ha saputo sfruttare questi sentimenti, incanalare le inquietudini e le insoddisfazioni di un popoloin difficoltà contro un obiettivo comune, sono stati leader politici carismatici a capo di regimi spietati. C’è il rischio di ritorno a un passato altrettanto cupo?
Gli indifferenti
“Siamo di fronte prima di tutto a una particolare riduzione della coesione tra gli individui a fronte di una violenza che cresce, un aumento fondamentale dell’isolamento e del rifiuto del dialogo con unprogressivo senso di diffidenza e di sospetto”. A tracciare il quadro a tinte fosche è Claudio Mencacci, psichiatra e presidente della SIP.
“Percepire l’altro come nemico è benzina per la demagogia e per la paranoia”. Secondo gli psichiatri in Italia a soffrire di disturbo della parsonalità paranoideo sarebbero tra uno e due milioni di persone. Chi sono? “Cittadini più fragili che però quando scatta il meccanismo della paranoia possono compiere qualunque azione contro bersagli variamente colorati, penso soprattutto all’antisemitismo. Il punto è che vengono meno il senso di colpa e qualsiasi possibilità di empatia. Da un punto di vista scientifico quello che accade è che si rompono i neuroni a specchio e l’altro diventa un oggetto, non più un nostro simile, ma il nemico e la causa delle nostre sofferenze”.
Perché questo meccanismo ci riguarda tutti? “Occorre riportare l’attenzione alla paranoia perché nel corso della storia ha fatto molti più massacri di quanti ne abbia fatti la peste”, spiega Mencacci, che vede nella situazione odierna alcuni sintomi molto preoccupanti. “Il problema è quando la paranoia da personale diventa collettiva e ci sono leader capaci di incarnare desideri di ricinvita, richiamare all’orgoglio del proprio popolo, sul confine tra la protesta sociale e le crisi economiche, proprio dove ci troviamo adesso. In un tessuto disgregato, dove c’è una totale incontinenza emotiva e i messaggi ovunque sono di assoluta esplosione di violenza verbale ed emozionale, la paranoia si può manifestare nei soggetti più normali”.
Un virus dilagante
Il paranoico della porta accanto è una “persona anonima, magari povera di idee, banale. Il contagio si sta insinuando sia in Europa sia negli Stati Uniti con la proiezione sistematica sull’altro della responsabilità di tutto ciò che non va bene: non siamo così lontanti dal clima che ha portato alle leggi razziali di 80 anni fa. La febbre sta salendo, il senso di solidarietà sociale si è perso e cresce desiderio di un uomo solo al comando, che scacci le paure che oggi ci attanagliano”. Ma davvero siamo così vicini a tentazioni dittatoriali? “Quello che la gente non si ricorda è che il passaggio dal dialogo alla demagogia, così come dalla democrazia alla politica autoritaria, è rapidissimo. In 70 anni ce lo siamo dimenticato, ma può avvenire nel giro di pochi mesi”.
Il ruolo dell’odio online
Come siamo arrivati fin qui? Basta la crisi economica a giustificare atteggiamenti sempre più paranoici per esempio nei confronti dei migranti? E che ruolo hanno avuto i social network, che spesso si trasformano in arene dove poter esercitare l’odio e la violenza verbale nella totale impunità? I primi segni di quella che Mencacci definisce una tempesta perfetta, “si sono cominciati a vedere circa tre decenni fa, complice il fatto che molte nazioni d’Europa, soprattutto i paesi dell’Est, non avevano mai davvero elaborato l’antisemitismodei tempi di Stalin”. Quanto ai social network, “aiutano l’incontinenza. Banalizzano aggressività e violenza attraverso uno strumento che pensiamo non costituisca un’aggressione fisica. In realtà stiamo creando un clima in cui è possibile dire di tutto senza senso di responsabilità né di colpa: le basi su cui si fonda la paranoia. Deumanizzare l’altro senza pagarne le conseguenze. E quando da personale la paranoia diventa collettiva si fa pensiero dominante”.
“Il populismo è l’anticamera e ha sempre funzionato in questa maniera: fa perdere completamente la capacità di argomentare, è l’esatto opposto della discussione, del dialogo. Un pensiero collettivo assolutamente primitivo, dà soluzioni che sono irrisorie e servono solo a indentificare un nemico. Così è facile perdere il rispetto e la dignità dell’altro, soprattutto di chi ha bisogno”.
La mostra
E così negli anni terribili delle dittature dello scorso secolo tutti quelli che non servivano venivano eliminati. Lo racconta la mostra appena aperta al complesso del Vittoriano a Roma dal titolo Schedati, perseguitati, sterminati. Malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismo, che documenta con foto, disegni e documenti quello sterminio. La mostra è promossa Società Italiana e Tedesca di Psichiatria.
A partire dal 1934, 400.000 cittadini tedeschi, affetti da patologie mentali considerate ereditarie e incurabili, furono sterilizzaticontro la loro volontà. Tra il 1939 e il 1945, più di 200.000 personericoverate in ospedali psichiatrici tedeschi furono assassinateperché ritenute un inutile peso per la popolazione tedesca. Solo a partire dagli anni ’80 ebbe inizio l’elaborazione di quanto accaduto. E in Italia negli ultimi anni della guerra furono circa 30.000 i malati ricoverati in ospedali psichiatrici abbandonati a morire di inedia.
Dialogo e memoria
Chiedo a Claudio Mencacci quali siano gli anticorpi contro la paranoia collettiva. “Restituire il diritto di memoria: non stiamo calpestando orme sconosciute, non è una nuova frontiera, ma è già stata attraversata più volte, viene da una lunghissima storia, fin dalla prima guerra mondiale e dalla logica di sterminio che prima aveva coinvolto gli armeni e poi il popolo ebraico e altre etnie individuate come subumane. La memoria ci aiuta”, spiega Mencacci, che aggiunge: “Poi dobbiamo ritornare a un dialogo, fatto di argomentazioni, non di chi alza la voce per avere ragione, che è tornare al branco primordiale”.
Banalizzare, dire ‘noi e loro’, semplificando tutto alla ricerca di un nemico con cui avercela, però, è più facile, richiede meno sforzo. “E’ stata l’evoluzione a farci crescere la corteccia cerebrale per consentirci di ragionare, altrimenti potevamo rimanere sulle piante con gli altri primati; è la storia della nostra specie. Un’involuzione è sempre possibile e abbassa la capacità decisionale delle persone”, mettendole potenzialmente alla mercé di leader politici senza scrupoli. “Oggi di leader con quell’impronta così nefasta non ne vedo”, conclude Mencacci. “Ma non vorrei che, perseguendo scopi meno negativi, si alimentasse la nascita di modalità che possono diventare veramente pericolose”.