Ne soffrono 4 milioni di italiani, un terzo si cura, ancora paura degli effetti collaterali dei farmaci.
La medicina di precisione è la nuova frontiera della psichiatria. Grazie agli avanzamenti della ricerca clinica e di base gli specialisti hanno oggi a disposizione strumenti sempre più raffinati di diagnosi e cura delle depressioni, disturbi che interessano complessivamente 4 milioni di italiani, in prevalenza donne (2 milioni 700 mila) in tutte le fasce d’età.
La speranza è che la medicina di precisione aiuti i pazienti ad aver più fiducia nei trattamenti, abbandonando i consueti timori – paura di ingrassare e di prendere peso – e quindi a curarsi di più. Oggi, infatti, solo un terzo dei pazienti riceve un trattamento adeguato. Spesso le depressioni vengono confuse con uno stato d’animo passeggero, come ad esempio la tristezza; al contrario, sono malattie complesse e come tali vanno affrontate. Come farlo al meglio? Gli psichiatri italiani ne discuteranno oggi e domani a Milano durante il convegno “Le depressioni” promosso dalla SIP Società Italiana di Psichiatria.
«Alla base della vulnerabilità individuale a sviluppare depressione via sono fattori genetici e ambientali» ha spiegato Claudio Mencacci, presidente della SIP e direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano. «In futuro sarà sempre più necessario prescrivere subito il farmaco con la maggior probabilità di essere efficace, considerando anche con maggior attenzione tutti i dati di farmacodinamica disponibili, ovvero ciò che sappiamo della relazione fra principio attivo e recettore su cui agisce. Alcuni farmaci hanno effetti specifici e positivi sui sintomi cognitivi, altri sul controllo dell’appetito e così via: conoscere le caratteristiche di ciascuno ci deve aiutare a scegliere per ogni paziente il principio attivo più adatto».
L’identificazione del miglior trattamento possibile si avvarrà di strumenti innovativi, come i dati genetici per la valutazione del rischio individuale di sviluppare depressione; i biomarcatori predittori della risposta ai farmaci come la proteina C reattiva, che può indicare una maggiore o minore efficacia di alcuni antidepressivi; il neuroimaging per il monitoraggio dell’evoluzione della patologia in risposta alle cure. A questo, si affianca una sempre più precisa identificazione della tipologia di depressione e di sintomi indicativi di una maggior probabilità di resistenza alle cure, che indicano al medico l’opportunità di partire da subito con un intervento più intenso.
La depressione colpisce 33 milioni di europei e molti di più soffrono di disturbi del sonno, importantissimo fattore di rischio per lo sviluppo di depressione, e legati all’ansia (che colpisce 60 milioni di europei). Le stime mostrano una crescita continua e costante che porterà la depressione ad essere la seconda malattia più invalidante al mondo entro il 2020 e la più frequente patologia cronica entro il 2030.
Secondo un’indagine condotta da ONDA Osservatorio nazionale sulla salute della donna «la depressione è seconda solo ai tumori per impatto sulla qualità di vita – riferisce Francesca Merzagora, presidentessa di ONDA – Il 70% dei pazienti finisce per isolarsi e il 30% soffre di disturbi della sfera cognitiva come difficoltà a prendere decisioni, scarsa attenzione e concentrazione». I sintomi cognitivi possono permanere anche quando la depressione è in remissione e inficiano la qualità della vita del paziente, oltre che contribuire all’aumento dei costi, che ammontano nel mondo a 800 miliardi di dollari.
«Attenzione particolare va prestata alla qualità del sonno, come non ci stancheremo mai di ripetere» ha ribadito Claudio Mencacci. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base della comparsa di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione. Senza dimenticare che alimentazione inadeguata, obesità e scarso esercizio fisico sono altri fattori di rischio per l’attivazione delle specifiche vie che portano ad alterazioni infiammatorie e depressive.
Date le dimensioni del fenomeno, anche la medicina generale sta prestando sempre più attenzione alle patologie di area psichiatrica: «il disagio psichico e la depressione stanno diventando il primo motivo di ricorso al medico di famiglia che spesso – spiega Ovidio Brignoli, vicepresidente della SIMG, la Società Italiana di Medicina Generale – non ha esperienza o armi adeguate ad affrontare un problema per cui, oltre alle competenze cliniche per impostare un trattamento adeguato ed efficace, servono anche disponibilità e tempo per l’ascolto».
Qui, diventa fondamentale anche il raccordo fra medici di famiglia e specialisti, come ha spiegato la vicepresidente del Consiglio regionale lombardo Sara Valmaggi: «Per la presa in carico è la continuità della cura è necessaria una vera integrazione fra interventi di carattere sociale e socio sanitario. Questo senza mai dimenticare che nessuna legge può essere efficace senza un diffuso lavoro culturale. La conoscenza è l’unico strumento che può abbattere paure e diffidenze».
Da La Stampa