Il caso risale al 2015, ma è stato reso pubblico dalle autorità sanitarie olandesi solamente una decina di giorni fa.
La paziente soffriva da 15 anni di grave disturbo post-traumatico da stress, ma anche di anoressia, depressione, autolesionismo, allucinazioni ed episodi dissociativi. Le sue condizioni avevano continuato a peggiorare, con manifestazioni fisiche che l’avevano praticamente costretta a una vita da allettata.
Secondo i medici e gli psichiatri che hanno valutato il caso, la donna era incurabile — come conferma il documento pubblicato dalle Commissioni regionali olandesi incaricate di esaminare, annualmente, ogni morte volontaria assistita avvenuta nel paese.
L’eutanasia, in Olanda, è stata legalizzata nel 2002, ed è applicabile a ogni tipo di “sofferenze insostenibili” e irreversibili, incluse quelle dei pazienti psichiatrici.
La stragrande maggioranza dei casi riguarda comunque malati fisici, principalmente oncologici – 4000 su 5516 nel 2015 – ma il numero di richieste da parte di persone affette da disturbi psichiatrici è in aumento, e non senza causare polemiche.
Secondo il professor Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di salute mentale e neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano e presidente della Società italiana di Psichiatria, “la stragrande maggioranza delle malattie psichiatriche sono in gran parte episodiche e non sono necessariamente stabili e incurabili,” spiega a VICE News.
Aggiungendo che, anzi, la battaglia è in senso contrario: “Lavoriamo sempre per eliminare lo stigma dell’incurabilità e dell’inguaribilità.”
Le malattie psichiche sono soggette all’influenza di vari fattori, biologici e ambientali, dice Mencacci. “In più, abbiamo la grande variabilità legata alle innovazioni, alla ricerca, alle opzioni che non sempre sono state utilizzate fino in fondo.”
Mettere in discussione le autorizzazioni all’eutanasia, ribadisce il medico, non significa negare una sofferenza, ma cercare di trovare gli strumenti necessari a interpretarla nella maniera migliore. “Dobbiamo aumentare le cure, visto che è possibile.”
In Olanda, la legittimità di alcune morti assistite è stata messa in discussione: a febbraio uno studio condotto da un gruppo di psichiatri americani con a capo il dottor Scott Kim del National Institutes of Health di Bethesda, negli Stati Uniti, aveva registrato dati preoccupanti.
Analizzando i documenti relativi a 66 pazienti psichiatrici a cui è stata concessa la morte volontaria assistita in Olanda tra il 2011 e il 2014, era emerso che – nonostante le Commissioni avessero riscontrato un solo caso in cui i criteri di accuratezza sanciti dalla legge non erano stati rispettati -, un paziente su dieci non aveva ricevuto nessun appoggio esterno da parte di uno psichiatra.
In quasi un quarto dei casi, inoltre, i medici avevano emesso opinioni discordanti.
Inoltre, più della metà dei pazienti soffriva di disturbi della personalità, destando dubbi sulla legittimità della richiesta – che, secondo la legge, deve essere “volontaria e ben ponderata” –, come osservato dal dottor Applebaum, direttore della sezione di legge, etica e psichiatria della Columbia University di New York, nell’editoriale scritto in accompagnamento allo studio.
In Europa, la morte volontaria assistita è legale – secondo modalità e criteri diversi – non solo in Olanda, ma anche in Belgio, in Svizzera e in Lussemburgo. Nel nostro paese, i pazienti che vogliano presentare richiesta a cliniche straniere possono rivolgersi ad alcune associazioni e gruppi di volontari disponibili a fornire informazioni e assistenza.
“Ho pubblicamente messo a disposizione il mio contatto per aiutare, in generale, le persone che cercano di ottenere il suicidio assistito in Svizzera. Per fornire informazioni e assistenza, di tipo legale ed anche economico,” spiega Marco Cappato, leader radicale, promotore della campagna Eutanasia Legale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
Cappato rivela di ricevere continuamente decine di richieste di aiuto anche da persone affette da disturbi, sofferenze e patologie di natura psichica. “Potrei quasi dire che siano, non so se la maggioranza, ma sicuramente non una parte minore di coloro che si rivolgono a me,” commenta.
Tra i casi italiani più noti, sicuramente quello del politico, scrittore e tra i fondatori de Il Manifesto, Lucio Magri, che a 79 anni, nel novembre 2011, ha deciso di ricorrere all’eutanasia presso una clinica svizzera, in seguito a depressione.
Proprio pochi mesi prima, la Corte suprema del paese aveva aperto la strada del suicidio assistito ai malati psichiatrici, con una sentenza che equiparava gravi disturbi mentali a quelli fisici.
Tuttavia, la questione rimane controversa e il rischio di denuncia per istigazione al suicidio alto, come dimostra anche la vicenda della vicentina Oriella Cazzanello, che aveva scelto l’eutanasia in Svizzera in seguito a grave depressione, nel 2014. Le associazioni che hanno assistito la donna sono state poi denunciate dai familiari.
Esaminare la validità di ogni caso rimane compito esclusivo delle autorità competenti, ma, nella sua esperienza, anche Cappato dice di avere registrato una crescente richiesta da parte di persone affette da disturbi della sfera mentale.
“Ci sono due ragioni di fondo,” spiega l’esponente dei Radicali a VICE News. “L’innalzamento della vita media delle persone sta, in generale, facendo divenire un fenomeno sempre più diffuso quello dell’esigenza di decidere in merito alla fine della vita.”
In passato, un’aspettativa di vita media più breve, infatti, avrebbe portato alla percezione della morte come un fatto improvviso: “Si moriva per cause immediate. Un incidente, per esempio, o per sofferenze che si prolungavano per pochi giorni o poche settimane.” Oggi, i progressi della medicina permettono di intervenire su casi che, soltanto alcuni anni fa, si sarebbero rivelati fatali.
“In più, è aumentata la conoscenza e la consapevolezza. Soprattutto nei paesi dove questa possibilita è legale. Quindi, è un tipo di richiesta che non è certo in diminuzione,” aggiunge Cappato.
Nel nostro paese, comunque, la proposta di legge di iniziativa popolare relativa alla legalizzazione dell’eutanasia depositata alla Camera nel 2013 con oltre 67.000 firme – e per la quale la discussione parlamentare è stata avviata soltanto lo scorso marzo – se approvata, limiterebbe la richiesta a malati terminali affetti da patologie di natura fisica.
Questo non perché si sia stabilita una posizione contraria a valutare i disturbi di tipo psichico, fa notare Cappato, ma perché la valutazione dei casi psichiatrici rappresenta una questione più delicata.
“La sofferenza psichica può essere tale da rendere poco lucida la persona che affronta una scelta, e quindi è più difficile accertare come questa sia in grado di intendere e di volere. Inoltre, esistono molte forme diverse di sofferenza psichica, alcune sono trattabili e curabili.”
Nella sua stesura attuale, la proposta di legge va intesa come un testo di partenza, spiega. “È molto semplice e molto breve. Abbiamo pensato di fissare il principio e affidare [il tema della sofferenza psichica] e altri temi – come obiezione di coscienza o possibilità di scelta per i minori – al dibattito parlamentare, perché richiedono una discussione supplementare.”
Non esclude tuttavia che possano esistere casi gravi di sofferenza psichica incurabile per i quali potrebbe essere riconosciuto – a persone che si dimostrino in grado di intendere e di volere – di scegliere di terminare la propria vita.
Cappato, comunque, ribadisce: “Una scelta del genere può essere fatta da paesi e sistemi sanitari che abbiano innanzitutto accumulato un’esperienza sull’eutanasia per malati terminali, quindi di natura fisica. Sulla base di quell’esperienza, si può aprire questa possibilità gradualmente e controllando in modo molto rigoroso il rischio di non prestare fianco ad abusi o leggerezze.”
Da Vice.com