Male di vivere
Non solo mal di vivere. La depressione mette un freno anche al cervello. Esplode nella vita delle persone e ha l’impatto di un tumore dell’anima e della mente: da un lato ruba le emozioni e dall’altro atrofizza anche le performance dell’intelletto con un calo di attenzione, memoria e concentrazione e un blocco della capacità decisionale e di problem solving. Un aspetto inizialmente “non tanto considerato clinicamente, ma negli ultimi anni – spiega durante un incontro a Milano Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli Sacco del capoluogo lombardo e presidente della Società italiana di psichiatria (Sip) – si è visto che è presente fin dal primo episodio depressivo e rimane tra i sintomi residui. Tanto che le persone
possono avere difficoltà a tornare com’erano da un punto di vista cognitivo”.
È come se la depressione, prosegue l’esperto, “fosse un punto di frattura. Come se un osso rotto, pur rimesso a posto, non tornasse come prima ma restasse più fragile”. E la conseguenza è che chi ha sperimentato la morsa della depressione fa un passo indietro rispetto alla vita, si tiene sull’orlo. Nonostante le implicazioni della malattia, anche in frangenti ad alto rischio “solo un paziente su tre si cura, e fra questi – sottolinea Mencacci – meno della metà si cura in maniera adeguata per tempo e dosi”, iniziando comunque le terapie con grave ritardo sulla comparsa dei sintomi. “L’aumento nei consumi di antidepressivi che si rileva resta inferiore al numero di persone che secondo le stime scientifiche si dovrebbero curare”. Su questo dato “pesano la vergogna e lo stigma sociale”, ma anche “spesso l’incapacità di prendere coscienza dei sintomi” con cui il male si manifesta.
“Il passo avanti è far sì che nuove molecole abbiano maggiore efficacia e agiscano anche per alcune aree rimaste finora poco
evidenziate, ma di grande peso, come il tema della cognitività. Oggi a distanza di 10 anni abbiamo una nuova opportunità terapeutica per le forme di depressione moderate e severe di adulti e anziani”. Una terapia definita multimodale, in arrivo nelle farmacie italiane nelle prossime settimane, che si comporta come un’arma double face riducendo le manifestazioni della malattia, ma anche garantendo una salvaguardia della sfera affettiva e cognitiva. Messa a punto dalla ricerca dell’azienda danese Lundbeck, la nuova terapia è anche un po’ made in Italy, visto che il principio attivo viene prodotto in territorio tricolore, a Padova, per tutto il mondo.
“Come i classici antidepressivi – precisa Giovanni Biggio, professore emerito di Neuropsicofarmacologia all’Università di Cagliari – questa molecola, che si chiama vortioxetina, ha la capacità di aumentare i livelli di serotonina, con effetti benefici sulla sfera affettiva. A questo però si aggiunge anche un’azione agonista e antagonista su diversi recettori della serotonina stessa, con conseguente impatto indiretto e specifico a livello cerebrale sui livelli di altri neurotrasmettitori coinvolti nella depressione”.