La depressione da disoccupazione, in aumento nel periodo attuale di crisi economica mondiale, colpisce i giovani e le persone che hanno perso il lavoro, finendo per rappresentare un’ulteriore calamità in questo periodo di grande disagio. Per i giovani significa il naufragio dei sogni e delle aspettative coltivate sin da bambini. Si tratta di una pesante frustrazione che causa disistima in se stessi e nella società.
Il senso di inutilità e il pensiero ricorrente alla mancanza di lavoro, sia per questioni economiche da gestire sia per la valorizzazione umana e sociale, portano a situazioni psicologiche tendenti all’apatia, all’irascibilità, a pesanti sintomatologie, a intraprendere strade negative e talvolta pericolose, al ricorso a sostanze dannose.
L’ansia da “fallimento” è ancora di più viva e pressante, si accompagna alla perdita di stima di se stessi, ai sensi di colpa, alla sensazione di inutilità, a un atteggiamento rinunciatario.
Per alcuni, risulta anche motivo di rabbia e frustrazione l’etichettatura semplicistica di “neet”, acronimo di “not in education, employment or training”: un individuo che non è impegnato in attività di studio, formazione o lavoro.
Lo scorso 8 dicembre, nell’indire l’anno dedicato a San Giuseppe, Papa Francesco ha esortato con decisione “La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di Covid-19, dev’essere un richiamo a rivedere le nostre priorità. Imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!”.
In questa circostanza, considerando l’impatto enorme del Coronavirus, in una società così reticolata nelle sue articolazioni, si verifica la cosiddetta “sindemia”: la somma di più crisi ed emergenze, da quella sanitaria (a sua volta innescata su altre patologie) a quella economica, occupazionale, sociale e mentale.
La condizione già difficile per un giovane disoccupato, addestrato al “lavoro” giornaliero per trovare un impiego, scandita da tentativi quasi rituali nel corso delle ore, risulta ancora più desolante e deprimente in questo ultimo anno di chiusura di opportunità e di attentato alle ultime speranze. La tenacia del più ottimista dei giovani in cerca di lavoro sembra incontrare un ostacolo innanzitutto inibente.
I giovani, per la loro fisiologica tendenza alla vita in compagnia, superiore alle altre fasce di età, hanno risentito maggiormente della netta contrazione dell’attività sociale e, per molti di loro, alle prese con la definizione del futuro occupazionale, si è verificata una doppia crisi. La condizione di ansia, stress e depressione che si è originata sta producendo danni al loro stato mentale, generando un’angoscia per le conseguenze non ancora quantificabili in termini di tempo, di forma e di sostanza.
Per leggere l’articolo completo clicca qui.