L’Italia è un paese sull’orlo della crisi di nervi. Non è corretto parlare solo di pandemia. Quella che stiamo affrontando da qualche mese a questa parte dopo la diffusione del covid-19 è una “sindemia”: la patologia non è solo sanitaria, ma anche economica, psicologica, legata ai modelli di vita, alle funzioni della cultura e delle nostre relazioni.
Gli esseri umani hanno forti doti di resistenza, ma diventa difficile metterle in atto quando andiamo incontro alla “fase di esaurimento”, una fase delicata che può portare a reazioni molto impulsive, ma soprattutto “in cui ci si sente impotenti”. Il continuo prolungarsi dello stato di emergenza – che ci limita negli spostamenti, nella socialità, nella possibilità stessa di programmare la nostra vita – ha generato una crisi psicologica, gettando gran parte dell’Italia, dopo la resistenza iniziale, nella “fase dell’esaurimento”, che “porta al senso di inutilità, a volte di fatalismo, a volte anche di rabbia, di contrarietà alle imposizioni, fino ad atteggiamenti molto non prudenziali e addirittura negazionisti”.
Nell’ultimo anno ansia e depressione sono cresciuti in maniera esponenziale nella popolazione italiana, con percentuali che sono salite di oltre il 30%: “Le depressione nasce dalla tempesta perfetta che mette insieme più condizioni. Da un lato c’è la solitudine e l’isolamento sociale. Dall’altro i lutti, perché ciascuna delle oltre 80mila persone morte per covid aveva vicino a sé dei cari”. Ha inciso poi l’impoverimento e la disoccupazione, “fattori che di per sé danno prevalenza di disturbi depressivi quasi doppi e ci fanno stimare un aumento di circa 150mila casi in più di depressione in Italia, che vanno ad aggiungersi ai 3 milioni preesistenti, con gravità differenziata: un esercito di persone rese ancora più fragili e vulnerabili da questa condizione.
Il covid ha fatto sì che quelli che si barcamenavano nella povertà sono diventati nuovi poveri”. Il mix è in alcuni casi letale, causando un aumento dei casi di suicidio, che spesso la cronaca ci racconta essere legati a una condizione di difficoltà economica dovuta alle crisi generata dallo stop di diverse attività. Non fa più paura solo il contagio, come era nella prima fase della pandemia. Il rischio povertà genera timori più grandi che per la morte stessa.
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