Qual è l’efficacia del trattamento che invia impulsi magnetici al cervello e che da 30 anni è usato per la depressione.
Se ne è parlato in occasione di un’intervista con Lapo Elkann, che al Corriere della Sera poco tempo fa ha raccontato di come sia riuscito a liberarsi dalla dipendenza dalla cocaina usando «un sistema chiamato TMS, che agisce sul cervello e allontana il craving, la voglia». Da quel giorno in redazione sono arrivate molte richieste di persone che volevano informarsi meglio e capire di cosa si tratta.
La TMS, Stimolazione Magnetica Transcranica, non è una “nuova tecnica”, ma un trattamento praticato da oltre 30 anni per le gravi forme di depressione resistente ai farmaci. Ultimamente si sta sperimentando proprio in Italia con successo l’applicazione su pazienti con Alzheimer per migliorarne la memoria. Consiste in un dispositivo medico (simile nell’aspetto a quella usata per le radiografie dal dentista) che si avvale di un braccio (o di un cerchio) che si posa sulla testa del paziente in corrispondenza della corteccia prefrontale dorso laterale sinistra. Dall’apparecchio partono impulsi magnetici che attraversano la scatola cranica (da cui il termine transcranica). Si tratta in pratica di uno stimolatore con cui si cerca di modulare determinati circuiti cerebrali per ridurne o per aumentarne l’attività.
Luigi Gallimberti, psichiatra e per anni direttore del Servizio di tossicologia clinica delle farmacodipendenze del Sert dell’Azienda Ospedaliera e docente dell’Università di Padova è il medico che ha aiutato Lapo Elkann. La storia della TMS applicata per trattare le dipendenze nasce nel 2013, quando Gallimberti legge un articolo che spiega come è stata ottenuta la remissione dalla dipendenza da cocaina nei ratti attraverso fasci di luce e a una tecnica invasiva (optogenetica). Lo psichiatra decide di tentare l’applicazione dello stesso principio sulle persone, usando però le onde magnetiche (non invasive) emesse dalla TMS (che non va confusa con l’elettroshock, che invece delle onde magnetiche utilizza correnti elettriche molto intense), e allo scopo mette a punto un protocollo insieme ad Antonello Bonci, un italiano direttore scientifico del National Institute for Drug Abuse (Nida) di Washington.
Le sedute della TMS si svolgono così: l’area da stimolare è grande quanto una moneta da 2 euro, la persona sottoposta alla terapia è sveglia e non sente assolutamente niente. Dopo una valutazione, che include visite, esami, test sul sonno, sull’umore e altro si parte: due stimolazioni al giorno di 12 minuti a distanza di 30 minuti l’una dall’altra, alla frequenza di 15 hertz per 2400 impulsi. I primi 5 giorni 2 volte al giorno, poi un’altra doppietta 1 giorno alla settimana per 11 settimane e infine 2 stimolazioni 1 volta al mese per tre mesi. «Abbiamo due centri, a Padova e Milano – spiega il medico-. Una stimolazione TMS attualmente costa 100 euro, a cui vanno aggiunti i costi per gli accertamenti e l’assistenza necessari, soprattutto nella fase iniziale. In altri Paesi costa molto di più. Si rivolgono a noi tutte le classi sociali: il 10% sono donne, il 90% uomini dai 18 ai 70 anni. Gli unici criteri di esclusione sono presenza di epilessia, pacemaker e impianti cocleari fissi(apparecchi acustici)».
«Fin dai primi giorni senza fatica si inizia a dire no alla cocaina, dichiara Gallimberti, che però precisa- . Questo non vuol dire che con “quattro stimolazioni” vada tutto a posto. Una dipendenza che dura da 20 anni non si supera solo con la TMS. Oltre a questa programmiamo interventi psicologici differenziati. Molti pazienti, che non sentono più il desiderio di cocaina dopo i primi giorni di trattamento, rimangono disorientati e devono essere aiutati con un supporto psicologico individualizzato. Per un ragazzo che ha cominciato l’uso di cocaina a 12-14 anni, l’aiuto psicologico può essere molto più impegnativo rispetto a chi ha cominciato ad usare cocaina in età adulta. L’importante è capire che queste persone vanno prese per mano e aiutate a recuperare un rapporto normale con la realtà».
Come agisce la TMS sul cervello?
«Ogni patologia caratterizzata da compulsione può essere ben trattata con questa tecnica – risponde Gallimberti – . Pare che la dipendenza alteri dei circuiti cerebrali, spingendo le persone a cercare compulsivamente la droga, e che la TMS possa ripristinare il normale funzionamento dei circuiti danneggiati, rimettendo sotto controllo il desiderio della cocaina».
Qual è la percentuale di efficacia dimostrata?
«Stiamo calcolando i dati. Abbiamo osservato e selezionato 226 pazienti tra tutti quelli trattati e li abbiamo seguiti per due anni sostiene Gallimberti -. I risultati sono molto promettenti e migliori degli altri metodi utilizzati finora».
Anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sta valutando in maniera scientifica l’efficacia del trattamento di Gallimberti. «Noi facciamo ai soggetti esami tossicologici sul capello, controlliamo cioè le matrici biologiche», specifica Roberta Pacifici, direttore del Centro nazionale Dipendenza e Doping dell’ISS. «Verifichiamo anche lo switching, cioè che non si abbia il passaggio dal consumo di una sostanza a un’altra. In questo caso abbiamo riscontrato che non avviene. I dati sono molto interessanti. Il metodo sembrerebbe avere un’ottima efficacia e durare a distanza nel tempo».
Com’è valutata questa sperimentazione dal mondo scientifico?
«In realtà è una tecnica in uso da diversi anni in ambito psichiatrico e delle dipendenze (anche rispetto a cibo e nicotina) – dice Alberto Priori, Direttore clinica Neurologica Università di Milano – ospedale San Paolo -, i risultati sono positivi ma “delicati”: non funziona nel 100 per cento dei pazienti e poi serve venire tutti i giorni in ospedale, è un protocollo comunque impegnativo. Comunque è appena uscito un articolo sui fumatori trattati con TMS che mostra come in una sola sessione già diminuisce l’attività della zona del cervello che è iperattiva quando gli stessi fumatori vedono una sigaretta».
Non ci sono effetti collaterali? Impulsi in grado di spegnere e accendere specifiche aree del cervello cosa posso provocare a lungo termine?
«Non sono riportati effetti collaterali significativi – dichiara Priori – : spegnere e accendere aree del cervello tutto sommato è come fare psicoterapia: anche in questo caso si modifica la plasticità cerebrale».
Se è così promettente perché se ne parla poco?
«Forse perché in Italia tutto quello che agisce attraverso una stimolazione del cervello viene assimilato all’elettroshock e la gente ha paura. Poi il trattamento non è inserito all’interno del SSN, le macchine per effettuarlo sono costose (circa 100mila euro) e serve anche un impegno quotidiano per seguire il protocollo che è appunto di grande coinvolgimento”.
La tecnica insomma (approvata in Canada fin dal 2002 e negli Usa dal 2008 per trattare la depressione resistente ai farmaci) è nota ma applicata da poco alle varie forme di dipendenza (dal cibo, alla cannabis, all’alcol). Dà buoni risultati, anche se ancora si tratta di fasi preliminari di studio e non ci sono dati scientifici o percentuali cui riferirsi. Non essendo “passata” dal Servizio Sanitario, però, ha un costo che può non essere indifferente e richiede appunto un impegno costante per qualche tempo e un protocollo differenziato (e più o meno lungo) a seconda della persona. «Per quanto riguarda la depressione gli studi ci sono – chiarisce Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano –: la TMS è stata studiata e messa a confronto con tutte le altre tecniche e terapie somatiche del disturbo depressivo: i risultati sono stati sempre interessanti pur non escludendo il ricorso ad altri trattamenti. Funziona soprattutto nella depressione grave, cronica e resistente, ma si sta usando anche per i disturbi ossessivi compulsivi e l’ansia. Possiamo azzardare il paragone: è un elettroshock senza effetti collaterali, le procedure sono molto simili e non ha effetti sulla memoria o sulla capacità di concentrazione che erano propri della shock terapia».
Da Corriere.it