L’ennesimo stupro nella capitale, dopo quelli di quest’estate a danno di alcune donne straniere, ha visto questa volta vittime due ragazzine di 14 anni, violentate alcuni mesi fa da due ragazzi rom arrestati soltanto nei giorni scorsi.
Sotto accusa, oltre ovviamente ai due violentatori, c’è anche Facebook, il social grazie al quale era avvenuto il primo contatto, seguito successivamente dall’incontro che ha portato alla violenza sulle due ragazzine.
Sul Corriere della Sera, che sabato scorso ha dedicato ben due pagine all’accaduto, è stato riportato, sotto il titolo “Dialogo, attenzione, controllo. Come evitare i rischi ai nostri figli”, il parere dello psichiatra Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria e direttore del dipartimento di Neuroscienze e salute mentale all’Asl Fatebenefratelli Sacco di Milano.
L’uso dei social, la comunicazione e le trappole: “Un genitore non può delegare a nessuno il compito di aiutare gli adolescenti a sviluppare i giusti anticorpi contro i pericoli”.
Cosa può fare un genitore? Come deve vigilare?
“Vigilare è fondamentale – dichiara Mencacci – Qui subentra la responsabilità dei padri e delle madri. Hanno anzitutto il compitodi spiegare ai figli quali rischi corrono. Le modalità con cui esercitare il controllo possono essere diverse: se si riesce a mantenere un dialogo aperto, il genitore può essere amico dei figli su Facebook, osservandone il comportamento sui social. Allo stesso modo con cui chiede a pieno diritto di conoscerne gli amici”.
Mencacci spiega che oggi vi è una riedizione della vecchia fiaba di Cappuccetto Rosso: i lupi non sono più nascosti dietro gli alberi, ma dietro allo schermo di un computer.
I genitori devono imparare a segnalare alla polizia postale situazioni che costituiscono veri e propri adescamenti di minori.
Da Tuttoscuola