Sempre più frequente l’associazione fra consumo di sostanze psicoattive e patologie psichiatriche: maggiore rischio di suicidio e di comportamenti violenti, che portano a complicanze legali e derive sociali
Cocaina, cannabis ‘rafforzata’ e anfetamine, nelle loro ormai infinte varianti, sono il vero dramma della società giovanile. Troppo facili da trovare, troppo “democratiche” per il loro basso costo, troppo difficili da identificare per il continuo mutamento delle formule che le compongono. Troppo web “cattivo” e poca educazione in famiglia. La psichiatria chiede aiuto e risorse per supportare le sempre maggiori richieste di emergenza e di aiuto nei più giovani, ma non solo, che giungono ai dipartimenti di salute mentale.
Le cifre parlano da sole. Le dimissioni ospedaliere dai dipartimenti di salute mentale con diagnosi di disturbi mentali associati a disturbi da uso di sostanze (doppia diagnosi), hanno avuto un incremento di oltre il 2 per cento in questi ultimi quattro anni, con numeri assoluti molto alti (circa 40 mila) e soprattutto con un aumento dei tassi di incidenza nella fascia di età più giovane, 15-24 anni, che è arrivato allo stesso livello degli adulti di 25-44 anni. L’allarme è anche maggiore per i ricoveri di urgenza, con diagnosi principale o secondaria relative a uso di droghe ed è sempre nella fascia d’età 15-24 anni che si registra la crescita più veloce dei consumi .
In generale, nel nostro Paese il numero complessivo di accessi al Pronto Soccorso per motivi psichiatrici è pari a 585.087, e rappresenta circa il 2% del totale di accessi al PS . Il 6,8 per cento degli accessi psichiatrici (39.785 accessi) è riconducibile a casi di alcolismo e tossicomanie. E questi dati trovano conferma anche in uno studio sui 273 clienti ,tra i 18 e i 30 anni, di cinque club romani: il 78% riferiva un pregresso utilizzo delle cosiddette “nuove sostanze psicoattive” (NPS), mentre l’89% parlava di utilizzo corrente di cocaina.
Di tutti questi numeri e problemi si è parlato oggi al convegno di presentazione della nuova «Carta dei Servizi dei pazienti in condizioni cliniche di comorbilità tra disturbi mentali e disturbi da uso di sostanze e addiction (doppia diagnosi)», organizzato da Federsed (Federazione Italiana degli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze), SIP (Società Italiana di Psichiatria) e SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), che si è svolto a Roma. «La contemporanea presenza di disturbo mentale e disturbo da uso di “sostanze”, usualmente definita condizione di ‘doppia diagnosi’ — spiega Bernardo Carpiniello, che dirige il Dipartimento di salute mentale all’Università di Cagliari – è oggi particolarmente frequente».
«I numeri – precisa Claudio Mencacci, past president della Società Italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano – ci dicono che nell’ambito dell’urgenza psichiatrica (ma non solo) serve intervenire molto in fretta. I servizi devono essere impostati e coordinati per rispondere a nuove emergenze e nuovi bisogni. A tanti anni dalle leggi di riforma per le tossicodipendenze (42 anni) e la psichiatria (39 anni) serve pensare a nuovi percorsi che rispondano meglio alla realtà di oggi. Ricordando che le sostanze stupefacenti non sono più quelle tradizionali: l’attenzione deve andare alle nuove sostanze psicoattive. Sono le Novel Psychoactive Substances, spesso non note alle forze dell’ordine, non rilevabili ai comuni test tossicologici. Si tratta di un’amplissima categoria che comprende principalmente: cannabinoidi sintetici (spice), catinoni (mefedrone e derivati), fenetilamine, e altre minori ma non meno pericolose. Sono estremamente potenti — continua Mencacci— e causa di gravi alterazioni psicopatologiche in un’ampia percentuale di utilizzatori. Spesso vendute su Internet, poco note nella popolazione generale ma estremamente popolari tra i giovani e i giovanissimi».
«I dati che provengono dagli studi sulle persone che fanno uso di sostanze, assistite nei Servizi per le Dipendenze (SerD) o le comunità terapeutiche, sono preoccupanti — aggiunge Carpiniello – I tassi di comorbidità con disturbi mentali oscillano fra il 30 e il 60 per cento dei casi. Nella maggioranza dei soggetti siamo in presenza di disturbi di personalità e/o disturbi psicotici e dell’umore. La evidente frequenza con cui disturbi mentali e da uso di sostanze sono associati indica con molta chiarezza una loro interdipendenza. Essere affetti da un disturbo mentale aumenta infatti significativamente il rischio di sviluppare un uso patologico di sostanze e, viceversa, l’uso di sostanze è effettivamente un importante fattore di rischio di sviluppo di una patologia mentale».
Le conseguenze di tale comorbilità sono gravi, talora drammatiche. Aggiunge Mencacci: «Peggior decorso e minore risposta ai trattamenti sia del disturbo psichico, sia dell’uso di sostanze, maggiore rischio di suicidio e di comportamenti violenti, incrementato rischio di patologie fisiche, di complicanze legali, e di deriva sociale (disoccupazione, divorzi e separazioni, stigmatizzazione ed emarginazione). Per questo la Società Italiana di Psichiatria, attraverso la sua Sezione Speciale SIP-Dip (Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze) da anni si batte per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e gli enti governativi e regionali su tali problemi, per la formazione degli operatori e la promozione di studi e ricerche, ma soprattutto per un cambiamento profondo dell’organizzazione sanitaria attuale, che affida il settore della cura dei disturbi mentali e dei disturbi da uso di sostanze a servizi separati ed indipendenti, quasi sempre operanti in modo scollegato fra di loro».
Consapevole della dispendiosità e inefficienza di un tale sistema, la SIP ritiene fondamentali per affrontare questa nuova emergenza sanitaria una serie di innovazioni: l’elaborazione di linee-guida per l’organizzazione degli interventi ed una gestione “modernizzata” e integrata dei servizi; una politica di programmazione basata sulle evidenze scientifiche prodotte dalla letteratura di ricerca e clinica; l’implementazione di programmi di trattamento specifici e integrati per i pazienti dei Dipartimenti di salute mentale affetti da disturbi mentali gravi (schizofrenia, disturbi bipolari e disturbi gravi della personalità) che impiegano sostanze e viceversa per i pazienti dei Servizi per le tossicodipendenze affetti da disturbi mentali;programmi operativi più precisi e univoci in ambito nazionale in merito alla gestione delle condizioni di emergenza/urgenza con particolare riferimento ai ricoveri ospedalieri, volontari e in Tso ( trattamento sanitario obbligatorio) ; l’organizzazione di protocolli di intesa, basati su linee guida nazionali, tra Dipartimento di salute mentale e Servizi per tossicodipendenze almeno per quelle realtà regionali che non si avviano alla “fusione” dei servizi nell’alveo del Dipartementi; una costante rafforzamento dei programmi di formazione, anche reciproca, per gli operatori.
Da Corriere.it