Caratterizzato da sbalzi dell’umore patologici, il disturbo bipolare interessa, in Italia, circa 1,5-2 milioni di persone, che spesso non sanno di soffrirne. L’età di insorgenza è soprattutto quella adolescenziale, ma la patologia può fare la sua comparsa in qualsiasi momento della vita, presentando talvolta anche esordi tardivi, verso i 60 o 70 anni.
Bipolarismo di tipo 1: sulle montagne russe
“Esistono diverse forme di bipolarismo”, precisa il professor Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento Salute Mentale ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano e Presidente della Società Italiana di Psichiatria (nella foto sopra).
“Il bipolarismo di tipo 1, il più classico, è caratterizzato da fasi maniacali e fasi depressive alternate, distinte e molto intense. Nella fase maniacale, il tono dell’umore è elevato, la persona è euforica, parla molto, non sente il bisogno di dormire, ha mille progetti e idee, è costantemente su di giri sul piano lavorativo, sociale, sessuale.
A questa esplosione vulcanica segue, anche in modo repentino, una fase depressiva: l’umore è sottotono, la persona perde il piacere per le attività e gli interessi che prima aveva portato alle stelle, manifesta una ridotta capacità di concentrazione, scarsa autostima, pensieri di perdita e di morte. Tra le 2 fasi può talvolta presentarsene un’altra, definita ipomaniacale, piuttosto simile alla prima, ma di un’intensità minore”.
Bipolarismo di tipo 2: sull’altalena
“Nel bipolarismo di tipo 2, l’alternanza delle due fasi, qualche fase di ipomania alternata a episodi depressivi, è meno definita, ma più frequente: gli sbalzi di umore si possono succedere nell’arco di settimane, se non addirittura di giorni”, afferma lo specialista.
“Alla base, sia del tipo 1 sia del tipo 2 è una predisposizione genetica: il rischio aumenta più è stretto il grado di parentela. Esiste poi una serie di fattori precipitanti: l’abuso di alcol o sostanze stimolanti (caffeina, nicotina), l’uso di stupefacenti, il dormire poco, eventi critici della vita (lutti, separazione, perdita del lavoro)”.
Perché diagnosticarlo è importante
“Se non trattato in maniera corretta, il disturbo bipolare può portare all’incapacità di frenare i propri impulsi e all’instaurarsi di disturbi comportamentali molto gravi (lanciarsi in attività pericolose, utilizzare il denaro in maniera eccessiva, avere comportamenti sessuali sconvenienti…)”, commenta il professore.
“Il rischio di suicidio in chi soffre di questa patologia, inoltre, è 15 volte superiore rispetto alla popolazione generale”.
Una scarsa attitudine a farsi curare
Purtroppo, spesso la diagnosi è tardiva, per vari motivi: “I bipolari hanno scarsa propensione a farsi curare, specie nelle fasi maniacali”, osserva il professor Mencacci. “I familiari, da parte loro, tendono spesso ad attribuire l’alternanza di umore ad altri fattori, come l’abuso di alcol o altre sostanze.”
Il trattamento: il litio è il farmaco principe
“Il farmaco principe nel trattamento del bipolarismo è il litio, utilizzato in genere con altri farmaci stabilizzatori dell’umore”, spiega l’esperto. “La terapia medica viene in genere accompagnata da interventi di natura psicoterapica, di carattere psico-educativo, con lo scopo di portare la persona a riconoscere i sintomi e a gestirli in modo appropriato”.
Fondamentale è monitorare l’andamento della patologia con grande attenzione: “Le valutazioni, in genere, vengono fatte ogni 5 anni”, afferma il professor Mencacci. “Se, in questo lasso di tempo, la persona non ha manifestato significativi sbalzi di umore, può essere presa in considerazione una riduzione dei farmaci, che non devono però mai essere interrotti di propria iniziativa”.