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Convivere con l’ansia

7 Febbraio 2017

Azzerarla è impossibile, ed entro certi livelli è perfino utile. Con le strategie giuste, però, si può contenere.

Una scadenza imminente, un capo esigente, un collega che ci fa sentire inferiori o semplicemente un contesto lavorativo che ci mette tutti i giorni sotto esame.
Queste situazioni, filtrate dalla soggettività di una persona che, vuoi per educazione, vuoi per carattere, ha come obiettivo quello di essere sempre perfetta e all’altezza, possono tradursi nella paura di non farcela e in uno stato d’ansia che non lascia scampo. Nemmeno quando la sera si torna a casa e si vorrebbe chiudere il capitolo lavoro. «L’ansia trova terreno fertile soprattutto in quelle persone che sono state educate e cresciute con una costante richiesta di obiettivi e risultati: il “puoi fare di più e puoi farlo meglio” può continuare a riecheggiare nelle loro menti anche da adulte», spiega Luisa Merati, esperta in problemi psicosomatici, già componente del comitato tecnico scientifico della Regione Lombardia per la medicina complementare e componente del direttivo della Società italiana medicina psicosomatica. Sia chiaro: l’ansia è presente in tutti gli esseri umani, così come la tristezza, l’euforia, la vergogna e la paura. Ma se le richieste lavorative o familiari iniziano a essere percepite come stressanti e impossibili da gestire, influendo sulla capacità di prendere decisioni e reagire in modo razionale, allora l’ansia perde la sua funzione di utilità. «Quando è funzionale ci mette in allerta dai pericoli reali e ci stimola ad adottare comportamenti corretti», continua l’esperta. «È quando pensiamo di essere sempre sotto attacco e viviamo in una situazione psicologica di allarme e tensione che l’ansia perde la sua funzionalità e può avere anche conseguenze a livello fisico».

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