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Schizofrenia, patologia “giovane”

14 Ottobre 2016

Secondo dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sono circa 24 milioni le persone che nel mondo soffrono di schizofrenia a un qualunque livello.

Una malattia che compromette le prestazioni sociali di persone giovani, nel pieno della vita lavorativa e produttiva, alterando gli equilibri anche all’interno delle famiglie: ancora oggi il “peso” maggiore ricade sulla figura del caregiver, quasi sempre un familiare, che tra i suoi compiti assistenziali deve anche spesso ricordare al paziente di assumere la terapia. È il profilo della schizofrenia che emerge dalla ricerca “Addressing misconceptions in schizophrenia”, realizzata da Janssen su pazienti e caregiver, presentata a Milano in occasione di un incontro che ha fatto il punto sulle attività del progetto TRIATHLON – Indipendenza, Benessere, Integrazione nella Psicosi, che proprio in Lombardia inaugura una nuova fase con il lancio delle iniziative legate alla dimensione sociale del progetto, finalizzate al reinserimento del paziente.
La metà (50%) dei pazienti italiani che hanno partecipato alla survey ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, il 35% tra i 18 e i 30 anni; conseguentemente, anche i caregiver sono persone giovani nel pieno della loro vita (il 72% ha tra i 28 e i 50 anni), che si trovano a dover gestire da sole l’assistenza, i trattamenti e l’impatto della malattia schizofrenica sulle attività quotidiane del paziente. Dalla ricerca emerge che la preoccupazione maggiore dei caregiver riguarda proprio quest’ultimo aspetto: il 63% degli intervistati teme gli effetti “destabilizzanti” della malattia sul corso ordinario delle attività e si mostra preoccupato per il lavoro, lo studio, le attività sociali del paziente. L’indagine sottolinea una volta di più l’importanza di intervenire “presto e bene”, obiettivo oggi possibile grazie all’approccio integrato di cura e all’evoluzione delle risorse farmacologiche. «I dati che emergono da questa indagine fanno capire quanto sia importante intervenire tempestivamente, oggi più che mai – commenta Claudio Mencacci, Presidente Società Italiana di Psichiatria (SIP) – dati recenti ci dicono che questi pazienti arrivano nei DSM dopo un periodo medio di 7 anni: troppi, se consideriamo che in un periodo così lungo la malattia peggiora, con conseguenze sulle condizioni del paziente e sulla qualità di vita del paziente stesso e della sua famiglia. Inoltre, un intervento efficace dovrebbe essere coordinato e integrato tra le parti: solo così può portare a una reale riabilitazione e al reinserimento nella società».
Secondo dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sono circa 24 milioni le persone che nel mondo soffrono di schizofrenia a un qualunque livello. La malattia si manifesta in percentuali simili negli uomini e nelle donne. Nelle donne si osserva la tendenza a sviluppare la malattia in età più avanzata. In Italia sono circa 300.000 le persone che soffrono di questo disturbo. Coloro che si ammalano appartengono a tutte le classi sociali. Non si tratta, pertanto, di un disturbo causato dall’emarginazione o dal disagio sociale.

Da FIDEST

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