Un emendamento approvato al Senato aumenta i destinatari delle strutture alternative.
Il rischio, adesso, è di proseguire a passo di gambero. Gli ospedali psichiatrici giudiziari, infatti, dovevano essere sbarrati da tempo, tuttavia ora potrebbero non solo sopravvivere, ma tornare a riempirsi e ad essere utilizzati come prima. Cambiando solo di nome. La storia infinita dei manicomi criminali – dopo tre rinvii sulla chiusura definitiva – si allunga con un nuovo capitolo, quello di un emendamento al disegno di legge 2067 (su garanzie difensive, durata dei processi, finalità della pena) approvato la settimana scorsa in commissione Giustizia di Palazzo Madama che di fatto riapre l’intera stagione degli opg, prevedendo l’invio nelle Rems (Residenze per le misure di sicurezza) di tutte quelle categorie di detenuti che in passato venivano trasferiti negli ospedali psichiatrici.
In sostanza, cioè, si amplia la platea dei destinatari di questi luoghi di cura (non di detenzione), permettendo di accogliere non solo i soggetti con malattie mentali riscontrate al momento della commissione del reato, ma anche per esempio sopraggiunte durante la carcerazione o in osservazione psichiatrica. In ‘spregio’ a tutti i faticosi passi avanti fatti finora, il nuovo provvedimento contraddice gli obiettivi che hanno spinto a operare sin dal 2011 per il superamento della vecchia logica mani- comiale. Mettendo in discussione, di fatto, la tendenza di puntare su progetti individuali con misure non detentive, da attuare nelle Rems.
A lanciare l’allarme è il Comitato nazionale Stopopg – il cartello di associazioni che si occupano di salute mentale in Italia – che con una lettera-appello si rivolgono al ministro della Giustizia Andrea Orlando, al sottosegretario alla Salute Vito De Filippo e al Commissario per il superamento opg Franco Corleone per chiedere «un intervento deciso del governo» per porre rimedio. L’emendamento in questione «ripristina la vecchia normativa, disponendo il ricovero nelle Rems esattamente come se fossero i vecchi opg», tuonano Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella e Vito D’Anza. Invece di affrontare il problema della legittimità delle misure di sicurezza provvisorie decise dai gip, e di quelle che rimangono non eseguite, «si ipotizza – proseguono – una violazione della legge 81, riproponendo le pratiche dei vecchi opg. Un disastro cui bisogna porre riparo». Non solo perché si ritarda ulteriormente la chiusura degli opg ancora aperti ma perché le Rems, «la cui funzione residuale si stravolge», diventano a tutti gli effetti nuovi manicomi criminali.
Se il problema che l’emendamento vuol risolvere è quello di garantire le cure «troppo spesso ostacolate o negate» dalle drammatiche condizioni delle carceri, Stopopg ricorda che «il diritto alla salute dei detenuti non si risolve così». Occorre, al contrario, rafforzare «i programmi di tutela della salute mentale in carcere» e che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria «istituisca senza colpevoli ritardi le sezioni di osservazione psichiatrica e le previste articolazioni psichiatriche ». Ma l’autrice del testo, la vicepresidente del gruppo Misto al Senato Maria Mussini, si dice soddisfatta di aver sollevato il tema delle «difficoltà concrete nella piena realizzazione del superamento degli ospedali psichiatrici e la necessità di maggiori attenzione alla salute mentale». L’emendamento, si difende, «evita la destinazione automatica alle Rems di una parte soltanto dei soggetti bisognosi di cure psichiatriche », impegnando inoltre il governo «al potenziamento dell’assistenza psichiatrica ai detenuti».
Da Avvenire