La decisione è stata presa da molti quotidiani e organi di stampa, ultimo Le Monde. L’obiettivo: evitare emulazione e “glorificazione postuma” .
Nel mondo iper-connesso che viviamo il modo di comunicare notizie puo’ giocare la differenza tra gli obiettivi di una corretta informazione e scelte editoriali a dir poco discutibili che possono alimentare fenomeni trasversali e pericolosi. Così, nella giornata di ieri, Le Monde, il più importante quotidiano francese, ha spiegato in un editoriale intitolato “Resistere alla strategia dell’odio” i motivi per cui non pubblicherà più sul suo sito le fotografie di persone responsabili di attacchi legati al terrorismo. Una scelta, quella del maggiore quotidiano d’oltralpe, volta a sfavorire la strategia di comunicazione dell’Isis e il cosiddetto “copycat”, ovvero l’emulazione dei crimini. «Non arrendersi su questo punto, mai, è il primo atto di resistenza in una società come la nostra, è la prima sconfitta inflitta al nemico» ha scritto il direttore Jérôme Fenoglio, autore dell’editoriale.
La decisione di Fenoglio è stata presa a ridosso dell’attentato nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, in Normandia. A seguire la linea del quotidiano parigino anche altri media francesi, tra cui la rete televisiva BFMTV, il giornale cattolico La Croix e la radio Europe 1. Quest’ultima ha detto che non pubblicherà sul sito web foto o nomi dei terroristi. In una email inviata al britannico Guardian invece, il direttore di Libération, Johan Hufnagel, ha dichiarato che il giornale valuterà di volta in volta come affrontare la questione: «Ogni storia è diversa, ogni attacco è diverso, adatteremo la nostra prima pagina in base a questo» ha spiegato il direttore del quotidiano di sinistra.
Il fenomeno dell’emulazione criminale è studiato da psicologi e specialisti e in questo periodo, dove si sono susseguiti diversi attentati in Occidente nel giro di pochi mesi, l’effetto di contagio su menti fragili puo’ diventare un problema reale. Nonostante pareri differenti in diversi servizi e articoli, anche di importanti testate, è rimbalzata la definizione – superficiale – di “squilibrato” come unica etichetta dei responsabili di attacchi. Inutile dire, che la salute mentale sia solo una delle cause di alcuni attacchi terroristici, e non il principale: è importante dirlo per evitare fraintendimenti sulle vicende di terrorismo.
Tuttavia l’emulazione copre un numero elevato nella casistica legata ad attentati terroristici. Il giornalista statunitense Benedict Carey del New York Times, ha scritto un articolo in cui spiega le terrificanti correlazioni tra recenti attentati ed emulazione. Nell’attacco avvenuto a Monaco di Baviera il 22 luglio scorso e costato la vita a nove persone, l’uomo tedesco di origini irachene autore della strage era ossessionato dagli omicidi di massa. Gli inquirenti hanno trovato nel suo computer molte ricerche sulle stragi naziste di Oslo e Utoya del 2011. Nell’attentato di Nizza, il tunisino aveva fatto numerose ricerche su diverse stragi, tra cui quella nel locale gay di Orlando, in Florida. Parallelamente, lo stesso autore della strage di Orlando aveva ricercato informazioni sulla sparatoria avvenuta in California all’interno di un centro di servizi sociali.
Il fenomeno dell’emulazione è un quindi un fattore che alimenta le azioni di terrorismo. In uno studio turco-tedesco del 2002 realizzato da diversi studiosi e intitolato “Imation of Amod and Amok-Suicide”, viene spiegato come gli autori di stragi di massa agiscano con una precisa tempistica. Gli attacchi presi in considerazione nello studio sono avvenuti tra il 1993 e il 2000 e tutti sono stati eseguiti a poche settimane da altri attacchi simili. Anche nel caso di attentati terroristici, lo studio svela come la copertura mediatica di una strage aumenti la possibilità di emulatori. Ciò non significa che le notizie non debbano essere pubblicate e comunicate, ma che va evitato l’eccitazione su dettagli e risvolti che potrebbero indurre individui decisi a compiere un atto di violenza. In Italia, Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria, ha chiesto tramite Twitter di interrompere la pubblicazione di foto e nomi degli autori di stragi legate al terrorismo.
In un’intervista, Mencacci ha spiegato al Fatto Quotidiano come il rischio dell’emulazione sia un problema concreto:
«A fronte dell’incapacità di prevenire tali atti di violenza è evidente che si tratta di episodi di suicido allargato a cui la spettacolarizzazione garantita dalla stampa e dal web assicura audience. Ecco dunque che è molto alto il rischio di contagio fra adolescenti ad alto rischio emulativo. Il pericolo reale in questi giorni è quello di un effetto contagio. Ecco perché andrebbe evitata l’eccessiva descrizione, ma anche l’involontaria trasformazione in atto eroico con una connotazione politica o religiosa forte, di azioni compiute da una persona con un disagio mentale. E’ fondamentale informare il pubblico circa minacce o azioni terroristiche, ma lo è anche contrastare in ogni modo il pericolo di emulatori»
In parte, alcuni tratti della discussione a riguardo sono stati ripresi anche da Sergio Mattarella nell’intervento alla cerimonia del Ventaglio. Il capo dello Stato ha dedicato parte dell’intervento proprio al tema della spettacolarizzazione degli attentati e di come tale fenomeno alimenti chi sta dietro atti di terrorismo. «Talvolta i media – ha dichiarato Mattarella – cedono alla tentazione di voler spiegare in tempo reale gli avvenimenti, in luogo di narrarli, cercando nello smarrimento della gente, nei frammenti di immagine, in testimonianze, rese talvolta sotto choc, conclusioni destinate sovente a rivelarsi fallaci alla luce dei fatti». Secondo Mattarella, «non può valere in questo caso il detto the show must go on, perché non si tratta di spettacolo bensì della vita e del futuro delle persone. Forse sarebbe opportuno, peraltro, ricercare il punto di equilibrio con l’esigenza di evitare che la ripetitività fuori misura di immagini di violenza possa provocare comportamenti emulativi. Quegli stessi comportamenti che il web, pur tra tanti benefici, talvolta sembra suggerire, offrendo una platea sterminata ai predicatori di odio». Nel nostro Paese – nonostante la presenza di quotidiani come Libero, che hanno dimostrato più volte di essere estranei a discorsi sul tema, per esempio, con quel “Bastardi islamici” a poche ore dall’attacco al Bataclan – diversi realtà d’informazione hanno ribadito la propria linea riguardo video e immagini legate al fenomeno del terrorismo. Rai News 24, per esempio, è stata una delle prime redazioni televisive a decidere di non pubblicare più video realizzati dall’Isis, ma solo fermi immagine. L’allora direttore del telegiornale Monica Maggioni, spiegò che la scelta era volta a «fermare la propaganda del Califfato».
Da 2Righe