Gli psicologi la chiamano amnesia dissociativa: un buco nella memoria dovuto alla routine, allo stress, al dover pensare a 10 cose insieme. Un buco nella memoria che è costato la vita a Gaia, 18 mesi. La sua mamma l’ha dimenticata in macchina per 4 ore in una calda giornata di fine luglio prima di andare al lavoro. Troppo tardi: la bimba è stata tirata fuori dall’abitacolo rovente quando la temperatura corporea era di 42 gradi.
Gaia è stata portata dal piccolo comune di Vada, Livorno, a Firenze. All’ospedale pediatrico Meyer hanno tentato di salvare la piccola ma i danni al cervello erano importanti. Talmente importanti che, dopo ore di osservazione, mercoledì sera la bimba è stata dichiarata morta, i genitori hanno dato il consenso all’espianto degli organi che così potranno salvare altre piccole vite.
Magra consolazione per la mamma, M.C., 37 anni, dalle foto Facebook una mamma energica e gioiosa, tutta dedita al lavoro nella pescheria di famiglia e alle sue due bambine: oltre Gaia ha anche una bimba di 6 anni. Nella routine che tutti abbiamo, martedì mattina qualcosa si è inceppato in quella di M.C.
La sua routine estiva prevedeva, dopo essersi svegliata alle 3 per aprire la pescheria di famiglia, di prendere le bambine intorno alle 8 e portarle in due luoghi diversi: dopo averle caricate in auto di solito portava prima la piccola all’asilo, poi la grande al centro estivo. Tutte le mattine così ma martedì ha dovuto invertire i passaggi: aveva deciso di portare prima la grande al centro estivo. Così, dopo aver scaricato la bambina, questa mamma si è dimenticata il passaggio fondamentale: portare la piccola all’asilo prima di tornare in pescheria. Forse Gaia dormiva nel seggiolino posteriore e la mamma non l’ha sentita. L’ha dimenticata.
Così l’amnesia dissociativa? Il professor Claudio Mencacci la spiegava al Corriere della Sera così nel 2013, quando il caso sui giornali era il piccolo Luca, morto dopo essere stato dimenticato in auto dal padre.
«Si tratta di un’amnesia circoscritta, in cui la persona non è in grado di ricordare cosa è accaduto nell’arco di poche ore – chiarisce il professor Mencacci -. Sicuramente l’uomo in questione stava vivendo una forte condizione di stress, che ha fatto sì che nel susseguirsi di atti automatici che presumibilmente esegue ogni mattina, l’evento di accompagnare il figlio al nido sia stato isolato, “eliminato” dalla lista». Come si fa a diagnosticare questa condizione? «Vanno prima di tutto escluse alcune condizioni patologiche, ovvero la presenza di una crisi epilettica, la sindrome dell’amnesia globale transitoria, un trauma cranico o l’assunzione di sostanze psicotrope – continua Mencacci -. Una volta che il perito ha escluso queste eventualità, ha valutato la possibilità dell’amnesia dissociativa, che un tempo veniva definita “psicogena”, in base a una serie di informazioni. Peraltro in questi casi è necessario escludere anche l’amnesia simulata (o sindrome di Ganser), molto comune per esempio tra i carcerati». Nell’amnesia dissociativa dunque, a causa di un forte trauma o stress, un pezzo della propria vita viene temporaneamente cancellato senza che il soggetto ne abbia la minima consapevolezza. «Può accadere che l’oggetto di questa amnesia sia ciò che di più caro sia ha al mondo, come un figlio o anche se stessi – spiega Mencacci -: ci sono casi di persone che, preda di questa condizione, tentano il suicidio o si infliggono delle mutilazioni, in modo assolutamente non volontario. In altri casi, chi ne soffre butta nella pattumiera denaro, o gioielli».