di Cinzia Testa
Gli ultimi casi di mamme suicida con i loro piccoli riportano all’attenzione la depressione post partum. Peccato che se ne parli solo quando è troppo tardi. E non si faccia nulla a livello nazionale. Ecco la nostra denuncia. E intanto, i segnali per riconoscerla.
Perché di depressione post partum si riparla solo quando è troppo tardi?
Cecilia Frassine aveva 22 anni ed era in vacanza con la mamma e il figlio di quattro mesi sul lago di Bolsena. Ha soffocato il suo bimbo e si è impiccata nella pineta. Si aggiunge alla tragedia che ha lasciato sotto shock la comunità di Borgo San Giacomo, vicino a Brescia. Qui si è suicidata una giovane donna, insegnante di canto conosciuta da tutti, mamma di due bimbi e incinta di due gemelli. Due storie diverse, con un comune denominatore: la depressione post partum.
«Oggi sappiamo che il rischio è pari a 1-2 casi ogni mille gravidanze», interviene Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria. «Questi dati, che non sono solo italiani ma internazionali, hanno imposto profonde riflessioni alla comunità scientifica. Ne sono nate diverse iniziative a livello regionale, come in Lazio, Toscana, Sicilia, Lombardia, che coinvolgono tutte le figure professionali, dal ginecologo al pediatra all’ostetrica, con l’obiettivo di agire per tempo. E Onda, l’osservatorio dedicato alla salute della donna, ha formulato delle indicazioni rivolte anche alla famiglia, sempre a scopo preventivo».
Serve un programma a livello nazionale
L’appello, a questo punto, è di mettere in atto un programma a livello nazionale. «Bisogna arrivare a uno screening sistematico delle donne a rischio fin dall’inizio della gravidanza», aggiunge il professor Mencacci, che dirige l’ambulatorio Centro psiche donna dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano. «È noto infatti che spesso c’è un famigliare che soffre di depressione, oppure che c’è un precedente col primo figlio. Solo con queste due informazioni riusciremmo a salvare la metà dei casi di depressione post-partum».
Cos’è il baby blues
Attenzione però a non fare confusione. Sono normali la malinconia e la “lacrima facile” nei primi giorni dopo il parto. E’ il cosiddetto baby blues ed è legato alle fluttuazioni degli ormoni. Bisogna però insospettirsi se i disturbi perdurano oltre le tre settimane dopo la nascita del bambino. Oppure se ci sono dei comportamenti diversi dal solito durante la gravidanza. «Sono stati individuati dei segnali ben precisi, sia durante la gravidanza, sia dopo il parto» aggiunge l’esperto. «E’ importante coglierli presto per aiutare la donna a ritrovare la serenità con la terapia più adatta. E non è detto che sia necessario prescrivere dei farmaci. A volte basta la psicoterapia. Oppure semplicemente la vicinanza della famiglia».
– I segnali che devi verificare tu
Valentina Colmi ha raccontato la “sua” depressione post partum nell’ e-book “Out of the blue”. Un segno positivo. E ci piacerebbe che lo stesso accadesse a tutte le donne che già in gravidanza oppure dopo, devono fare i conti con sentimenti forti e così diversi da quelli che invece dovrebbero provare. Tieni d’occhio te stessa allora e leggi se ti riconosci in queste descrizioni.
Ti senti inadeguata. È normale se al ritorno a casa dopo il parto ti sembra di non riuscire a “stare dietro” al tuo bambino. Ma giorno dopo giorno, impari a comprendere i suoi pianti, quando è sazio, quando è ora della nanna. Può essere però depressione post-partum se a distanza di due settimane dalla nascita è sufficiente il pensiero di dovergli cambiare il pannolino per causarti uno stato di agitazione. Tanto da dover delegare ad altri.
Ti trascuri. Ci sta che torni a casa dall’ospedale e ti senti come su una giostra che non si ferma mai. È però questione di giorni, poi riesci a trovare il tempo anche per te. Non va bene però, se a distanza di quasi un mese da quando hai partorito ti trascuri, riesci a malapena a infilarti una tuta e non presti attenzione all’igiene e all’abbigliamento del tuo bambino.
– I segnali che colgono i famigliari
I genitori, così come l’amica più cara, sono fondamentali per una diagnosi tempestiva di depressione post-partum. All’erta allora se ci sono questi segni.
Si è isolata. Di solito è la mamma stessa, dopo i primi giorni di caos, a individuare gli orari migliori per le telefonate, oppure per incontrare amiche e parenti. E, tempo permettendo, porta a spasso il suo bimbo nella carrozzina. Occhio allora. Può essere un segnale se ogni scusa è buona per stare in casa e per non vedere nessuno.
Non prova più attrazione verso il partner. Dopo la gravidanza c’è un periodo che può essere diverso da una donna all’altra, durante il quale non c’è voglia di rapporti sessuali. Ma rimangono i momenti di tenerezza. Per questo, deve rappresentare un campanello d’allarme il rifiuto di ogni tipo di affetto, compreso il semplice bacio sulla guancia. E ancora di più, se questo atteggiamento riguarda anche il bambino.
– I segnali inaspettati
Russa in gravidanza. Il peso nell’ultimo trimestre di gravidanza, si sa, può far sì che la donna russi. Ma di solito passa inosservato. Il problema può nascere quando il rumore è fragoroso e perdura tutta la notte. Gli studi infatti hanno evidenziato una correlazione tra questo disturbo del sonno e la depressione post-partum. Le ragioni? Russando si verificano ripetuti micro-risvegli: provocano uno stato di stress che in caso di predisposizione può agire da start e scatenare la depressione dopo il parto.
L’ansia la attanaglia. Con la trentaduesima settimana iniziano la gioia e il desiderio che arrivi finalmente il giorno dell’ “incontro” col proprio bambino. E di tanto in tanto capitano i momenti di preoccupazione e una notte di insonnia, ma niente di più. Anche perché con l’ottavo mese l’organismo entra in un vero e proprio stato di quiete grazie all’assenza di picchi ormonali. Deve scattare l’allerta dunque quando a farla da padrone sono l’ansia e l’insonnia, tanto da non avere neppure il desiderio di preparare la valigia oppure il corredino.