Chi sono i terroristi, come arrivano a concepire e realizzare azioni orrende, quali le responsabilità del contesto in cui sono nati e in cui approdano.
Chi sono i terroristi, come arrivano a concepire e realizzare azioni orrende, quali le responsabilità del contesto in cui sono nati e in cui approdano. Colloquio con Claudio Mencacci direttore del Dipartimento di Psichiatria all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano
Professore cosa scatta nella mente di un ragazzo molto giovane che non solo arriva ad uccidere, ma riesce a compiere atti di sadismo, efferati su un’altra persona. Davvero c’entra un credo religioso? Il funzionamento mentale durante l’adolescenza o la prima età adulta è caratterizzato fisiologicamente da una dissoluzione di quei meccanismi inibitori che passano anche attraverso l’inibizione emotiva legata al dolore che l’altro potrebbe provare rispetto ai nostri atti. Questo rende più facili comportamenti di sfida verso gli adulti spesso rappresentati dai genitori, comportamenti di fuga o di abbandono delle proprie relazioni familiari e amicali per ripartire altrove da zero. Certo questo è comprensibile nell’ambito fisiologico dei comportamenti di sfida e di devianza che spesso si osservano nell’adolescente.
Il comportamento sadico o addirittura finalizzato alla soppressione dell’altro necessita di contesti favorenti o addirittura giustificanti questo innalzamento di soglia. In sé il credo religioso non può essere considerato una causa, ma può essere abilmente utilizzato per innalzare la soglia di tolleranza all’inibizione emotiva di certi comportamenti. Se lo faccio in nome di Dio posso non sentire i sensi di colpa per la sofferenza che produco negli altri. Questi comportamenti sono prevalentemente maschili (ma non solo) perché proprio il cervello maschile in quest’età è più prono a meccanismi di “desensibilizzazione emotiva” perché più finalizzato alla performance e meno collegato ai contesti emotivi della propria esistenza. Inoltre gli atti di sadismo sono accresciuti dall’uso strumentale di sostanze stupefacenti (anfetamine like) che accrescono la violenza, l’efferatezza dei gesti e l’insensibilità emozionale. Si parla di esclusione sociale, di mancata integrazione, di frustrazione: ma sono miliardi le persone sulla Terra che vivono in queste condizioni, eppure l’atto più spontaneo di un povero è dividere il pane. Chi decide di rivoltarsi contro il mondo davvero è spinto (e quindi in qualche modo giustificato) dalla società?
La rabbia e la violenza crescono e trovano una ragione d’essere in ambienti di esclusione sociale. durante le notti alla stazione centrale di Milano o in altre città le persone che trovano un posto per dormire combattono con violenza per difendere il loro diritto ad un angolo caldo o una coperta. La violenza cova negli angoli di esclusione della nostra società. Ciò che cambia in alcuni contesti è la possibilità che essa venga organizzata, finanziata, giustificata ed incentivata come meccanismo di risoluzione del problema. La violenza, la prevaricazione attraggono i soggetti marginali con problematiche antisociali che giungono cosi “nelle braccia” del terrorismo o della criminalità organizzata Come stanno scavando nel nostro subconscio le terribili immagini che vediamo e che leggiamo, non più lontane da noi ma nella nostra stessa società? E come possiamo difenderci? Le immagini che abbiamo visto a Parigi sono orribili, tendono a creare paure e angosce paralizzanti. Pensavamo di essere protetti dalle barbarie. Purtroppo ci dimentichiamo che questo luogo dove viviamo è stato costruito con fatica e sofferenza da parte dei nostri padri e delle nostre madri.
Giungere all’Europa come noi la vediamo è stato il frutto di una battaglia combattuta da chi è venuto prima di noi. Ma questo luogo di civiltà va continuamente difeso. La battaglia va combattuta ogni giorno anche da noi. Non dobbiamo lasciarci spaventare, ma continuare a difendere e vivere in un luogo che non ha eguali nella storia dell’umanità in termini di rispetto dell’individuo, di possibilità di realizzare se stessi, dove vengono rispettati i diritti di tutti indipendentemente dalla forza fisica o dalla sua aggressività. Un luogo dove l’umanità può fiorire, dove vogliamo vivere noi e crescere i nostri figli. Dobbiamo essere convinti che le nostre idee sono più forti delle nostre paure. Qual è l’errore più grande che possiamo fare, in risposta a questo orrore? Rispondere con paura o rabbia. Non dobbiamo indietreggiare rispetto al mondo che abbiamo creato e che amiamo, ma non possiamo neanche distruggere tutto ciò che temiamo possa non essere in linea con esso. La paura deve diventare attenzione vigile e costante a difendere ciò che amiamo, la rabbia deve essere distillata in determinazione a non cedere nulla del valore che e’ insito nel modello di civiltà che abbiamo costruito, in tutta la sua complessità e ricchezza. ma è certo che dobbiamo attivare gli anticorpi contro la paura.