Se sostenute preventivamente, le pazienti rispondono con successo alle terapie ben nel 90 per cento dei casi
Ha circa 34 anni, una buona istruzione, uno stato sociale medio, è sposata o convive. È questo il profilo più comune della donna che soffre di depressione in gravidanza o dopo il parto. Accade ogni anno a un numero variabile tra 55mila e 80mila donne italiane, che ancora troppo spesso vengono lasciate sole, mentre moltissimo può essere fatto per prevenire e alleviare il loro disagio. Per questo è nata l’iniziativa “A Smile for Moms” (Un sorriso per le mamme), promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da, con il contributo non condizionato di Pfizer Italia), presentata di recente insieme con gli esiti di una ricerca condotta su 367 casi di depressione perinatale seguiti tra il 2008 e il 2011 all’Azienda ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano.
IDENTIKIT – «Chi ha avuto complicazioni durante l’attuale gravidanza o in precedenza e chi ha già sofferto in precedenza di depressione o di ansia è più a rischio di soffrirne nuovamente – spiega Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e coordinatore dello studio che ha tracciato il possibile identikit delle “mamme in pericolo” -. Crisi economica, disoccupazione e scarso supporto da parte del partner, della famiglia e degli amici non fanno che aggravare la situazione, perché il sostegno lavorativo e familiare è fondamentale».
CENTRI SPECIALIZZATI E UN SITO – Numerose ricerche hanno dimostrato che le donne in gravidanza possono soffrire di disturbi dell’umore: si stima che ne soffra almeno il 16 per cento delle puerpere italiane e che circa il 40 per cento delle donne che presentano depressione nel post parto era già depressa durante la gravidanza. Ma se sostenute preventivamente, le pazienti rispondono con successo alle terapie ben nel 90 per cento dei casi. Le cure possono consistere nella psicoterapia e nella partecipazione a terapie di gruppo con donne che manifestano gli stessi sintomi. Oppure, su consiglio del medico, si può decidere l’assunzione di ansiolitici e antidepressivi, valutando l’eventuale sospensione dell’allattamento. «La gravidanza – dice Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da – rappresenta per la donna un periodo di profondi cambiamenti fisici e psicologici, spesso sottovalutati. Ma un ritardo diagnostico di un disturbo dell’umore, dall’ansia alla depressione, può però avere importanti ripercussioni sulla donna e sul nascituro». Per questo O.N.Da, ha messo in rete i primi sei Centri di riferimento (Milano, Torino, Pisa, Napoli, Catania e Ancona), considerati un’eccellenza nella cura di questa patologia, ai quali se ne stanno aggiungendo altri, per garantire diagnosi più precoci e terapie più appropriate alle donne colpite da depressione perinatale. E un apposito sito internet (www.depressionepostpartum.it) vuole aiutare le neomamme a sentirsi meno sole.
DOMANDE MIRATE E ATTENZIONE AI SINTOMI – Tutte le mamme, chi più chi meno, condividono paure comuni e diffuse sulla perdita del bambino, il timore del cambiamento del corpo, il ruolo genitoriale e la paura del parto. A cui si aggiungono i timori sul proprio stato di salute e su quello del feto prima e del neonato poi. Il tutto in un momento di forti sbalzi ormonali. Può essere difficile individuare i disturbi d’ansia durante la gestazione perché bisogna saper valutare con attenzione i vari sintomi fisici e psichici che le donne presentano e distinguere fra la “normalità” e l’insorgere di un disagio più grave. «È indubbio che i bruschi cambiamenti ormonali che avvengono durante il puerperio sono alla base della possibile depressione perinatale – spiega Mauro Busacca, direttore dell’Ostetricia e Ginecologia al Fatebenefratelli e Oftalmico -. E poiché è sempre più frequente negli ospedali il ricorso alla dimissione precoce c’è troppo poco tempo per i medici e le ostetriche per capire i sentimenti, le paure e la vulnerabilità psicologica delle nuove mamme. Ecco perché è importante individuare le pazienti a rischio di depressione post parto ancor prima del parto e dedicare a loro maggior attenzione e assistenza, eventualmente anche a domicilio». Un esempio concreto? «Basterebbe, per iniziare, porre poche domande mirate a puerpere e neomamme per monitorare il loro benessere psichico. E se umore depresso, mancanza di piacere e interesse nelle abituali attività perdurano per oltre due settimane è bene chiedere aiuto» conclude Roberta Anniverno, responsabile Centro Psiche Donna presso lo stesso ospedale milanese. Altri sintomi che devono mettere in allarme sono: disturbi del sonno o dell’appetito, iperattività motoria o letargia, faticabilità o mancanza di energia, sensi di colpa, bassa autostima, sentimenti di impotenza e disvalore, ridotta capacità di pensare o concentrarsi e pensieri ricorrenti di morte.
Da Corriere.it